Trattamento di complicanze linfatiche

Linfedema

Il linfedema può essere una complicanza di traumi o interventi chirurgici. Tra questi ultimi si annoverano soprattutto gli interventi per patologie oncologiche che comportano l’asportazione dei linfonodi all’ascella, all’inguine o in addome e pelvi, quindi per il trattamento del tumore della mammella, del melanoma cutaneo, dell’utero, delle ovaie, della vulva e, in ambito urologico, per il tumore della prostata, della vescica, del testicolo e del pene. Anche se non frequentemente, il linfedema può comparire in soggetti sottoposti a chirurgia arteriosa e venosa o alla asportazione di voluminose masse sottocutanee (tipo lipomi, ecc.) al braccio o alla coscia. Per lo studio e il trattamento del linfedema vedere la voce “Linfedema primario e Linfedema secondario” nel capitolo della “Chirurgia dei Linfatici e Microchirurgia”.

Linfocele

Il linfocele è una raccolta di linfa che riconosce le stesse cause del linfedema secondario, compare più precocemente e si localizza più frequentemente all’ascella, all’inguine o in sede pelvica e retroperitoneale. In quest’ultima sede, si può formare anche un chilocele (raccolta di chilo). Dopo accurata valutazione diagnostica (ecografia, TC, RM e, se necessario, linfografia), l’approccio terapeutico iniziale è sempre conservativo con la puntura e aspirazione del linfocele e con l’impiego di sostanze sclerosanti, per cercare di far chiudere e sclerosare questa sacca linfatica. Solo una minore parte dei linfoceli si risolve con l’aspirazione, il trattamento sclerosante e la compressione (ove possibile). Eseguendo ripetutamente procedure di questo tipo, aumenta il rischio di infezioni. Nei casi, quindi, che non rispondono al trattamento conservativo, si procede all’asportazione chirurgica. Nei linfoceli periferici, agli arti, si asporta la lesione e si esegue l’anastomosi linfatico-venosa sui peduncoli linfatici afferenti al linfocele, per prevenire la comparsa del linfedema dopo il trattamento del linfocele.

Linforrea

La linforrea è la fuoriuscita di linfa da una ferita post-traumatica, da un’ulcera cutanea, attraverso piccole lesioni erosive della cute in arti linfedematosi, da una ferita chirurgica o dal drenaggio chirurgico. Le cause sono le stesse del linfocele ma in questo caso la linfa, invece che raccogliersi in una sacca, fuoriesce verso l’esterno. La valutazione diagnostica comprende una ecografia, la linfoscintigrafia e il trattamento, anche in questo caso, è inizialmente conservativo: bendaggi all’ossido di zinco per la linforrea agli arti inferiori in arti linfedematosi con lesioni cutanee secernenti, lavaggi con soluzioni sclerosanti e compressione per ferite chirurgiche o post-traumatiche. Nei casi non responsivi al trattamento medico, si procede al trattamento chirurgico, con la ricerca della fonte di perdita della linfa, la chiusura della stessa o la derivazione della via linfatica mediante anastomosi linfatico-venosa.

Chilorrea

La chilorrea è la fuoriuscita di chilo dal drenaggio chirurgico, più comunemente addominale o toracico, in interventi per lo più di ordine oncologico o per patologie malformative. Il paziente viene sottoposto a terapia parenterale per evitare l’assunzione di grassi con la dieta e ridurre la quantità di chilo prodotto. La diagnostica comprende TC, RM e Linfografia. Quest’ultima, in una percentuale minima di casi, può anche portare alla sclerosi del punto di perdita del chilo e alla risoluzione del quadro clinico. In caso di persistenza della chilorrea, si procede all’intervento chirurgico, sulla guida delle indicazioni degli esami diagnostici eseguiti, che consiste nel chiudere il punto di fuoriuscita del chilo.

Linfangite

La linfangite rappresenta la complicanza più frequente del linfedema, sia esso primario o secondario, ed è causata solitamente da batteri, cocchi gram positivi normalmente presenti sulla cute (stafilococchi e streptococchi). Può essere di tipo tronculare (si manifesta con una stria rossa lungo il decorso dei vasi linfatici) o diffusa reticolare (erisipeloide) e si accompagna, nei casi di manifestazione acuta, a febbre alta (sino a 39-40°C) con brividi. Perché si verifichi una linfangite, sono necessari due fattori: la stasi linfatica e la porta di entrata. Quest’ultima può essere rappresentata anche da piccole lesioni cutanee o micosi, attraverso le quali i germi possono penetrare e proliferare nella linfa stagnante. La terapia è di tipo antibiotico e antipiretico, in fase acuta. Successivamente, è necessario trattare le cause scatenanti: il linfedema e le porte di entrata. È possibile fare per un certo periodo una profilassi antibiotica per prevenire una recidiva a breve termine.

Altre complicanze

Il cosiddetto “cording” o “axillary web syndrome”, rappresentato da un cordino sottocutaneo che può comparire dopo l’asportazione dei linfonodi ascellari, non è altro che una linfangiosclerosi tronculare a carico delle vie linfatiche brachiali afferenti ai linfonodi ascellari, conseguente alla chiusura dei linfatici stessi all’ascella. Il trattamento è per lo più di tipo fisioterapico e antiflogistico, raramente antibiotico e antidolorifico. È importante cercare di iniziare il trattamento quanto più precocemente possibile.